La nuova figura, con una formazione di sole 500 ore, viene definita “una scorciatoia pericolosa” che non risolve la carenza di personale ma aumenta i rischi per i cittadini e svilisce la professione infermieristica. Fronte compatto di esperti infermieri del mondo accademico, professionale ed associativo infermieristico, e delle rappresentanze degli OSS per bloccare il provvedimento.
Un coro di “no” si leva dal mondo della sanità contro l’istituzione della nuova figura dell’Assistente Infermiere. CNAI e UIL FPL hanno riunito, insieme alla Federazione Europea degli Infermieri (EFN), un’ampia coalizione di esponenti infermieristici del mondo accademico, organizzativo e professionale, unitamente alle rappresentanze associative e sindacali degli Operatori Socio Sanitari, che denunciano quello che definiscono un “precedente pericoloso per la salute pubblica”: una mossa che, dietro il pretesto di colmare la carenza di personale, introduce operatori con formazione inadeguata a svolgere competenze infermieristiche, mettendo a repentaglio la sicurezza dei pazienti.
Le criticità sollevate sono nette e supportate da dati internazionali:
- Aumento del Rischio Clinico: Affidare la somministrazione di farmaci, l’esecuzione di ECG o la gestione di parametri vitali, di terapie, di stomie, di lesioni a personale senza una solida base formativa (500 ore contro i 3 anni e le 4600 ore di un corso di laurea in infermieristica) aumenta esponenzialmente il rischio di errori, complicanze e decessi evitabili. Le evidenze scientifiche internazionali sono inequivocabili: una riduzione del 10% di infermieri qualificati aumenta del 7% la mortalità ospedaliera.
- Falsa Soluzione Economica: L’idea di risparmiare è un’illusione. I dati internazionali dimostrano che i costi derivanti da danni ai pazienti, turnover del personale e degenze più lunghe superano di gran lunga i presunti risparmi sul costo del lavoro. Al contrario, ogni euro investito in infermieri qualificati genera un ritorno economico e sociale da 2 a 4 euro.
- Svalorizzazione della Professione: Invece di investire per rendere la professione infermieristica più attrattiva, si sceglie una “scorciatoia” che dequalifica l’assistenza, aumenta il demansionamento e accelera la “fuga” di professionisti verso l’estero o altri settori, aggravando la crisi.
Prioritariamente, per aumentare l’accesso all’assistenza e alle cure per tutti i cittadini, occorre investire sulle figure professionali esistenti. Da un lato, è necessario valorizzare dal punto di vista economico e professionale gli Operatori Socio-Sanitari (OSS); dall’altro, potenziare e riconoscere al personale infermieristico le competenze specialistiche e avanzate, garantendo condizioni di lavoro adeguate e percorsi di carriera in linea con gli standard europei.
Si respinge con fermezza la creazione di figure ibride che utilizzino impropriamente il termine “infermiere” nella denominazione e svolgano attività tali da generare confusione di ruolo, sovrapposizione di responsabilità e disorientamento organizzativo all’interno del Servizio Sanitario Nazionale.
“L’introduzione dell’Assistente Infermiere è una falsa soluzione a un problema reale e urgente: la grave carenza di personale sanitario e socio-sanitario. Con poche centinaia di ore di formazione aggiuntiva si intendono attribuire competenze che richiedono anni di studio universitario e di esperienza clinica, creando una figura ibrida e poco regolamentata che rischia di compromettere i livelli essenziali di assistenza (LEA), la sicurezza dei pazienti e di generare confusione nei ruoli professionali” Così Rita Longobardi, Segretaria generale UIL FPL e Walter De Caro, Presidente Nazionale CNAI.
“UIL FPL e CNAI denunciano con forza questa deriva e chiedono al Governo di sospendere l’introduzione di questa nuova figura e aprire immediatamente invece un tavolo di confronto per costruire risposte serie e sostenibili: aumentare i posti nei corsi di laurea in infermieristica, migliorare le condizioni di lavoro e retributive sia degli infermieri che degli OSS, investire nel benessere psicologico/lavorativo e nella valorizzazione delle competenze.”
“La sanità italiana- concludono Longobardi e De Caro-non ha bisogno di scorciatoie, ma di investimenti strutturali nelle persone e nella loro professionalità: la salute dei cittadini si tutela con formazione, qualità e responsabilità, non con figure improvvisate e sottopagate che rischiano di minare il sistema sanitario pubblico.